L’Italia si prepara alla guerra in Libia

L’Italia si prepara alla guerra in Libia

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Tempo di lettura: 8 min

Di Michelangelo Severgnini

E’ possibile stabilire un nesso tra la candidatura di Saif Gheddafi e l’arrivo della nave militare italiana “San Giorgio” nel porto di Tripoli?

Forse non un nesso strettamente temporale. La candidatura di Saif è stata definitivamente riammessa solo pochi giorni fa, mentre l’arrivo della nave militare era probabilmente organizzato da tempo. Ma non è del tutto sbagliato vedere questi due episodi come concatenati ad una serie di altri eventi che stanno per apparecchiare il momento della verità a Tripoli.

L’ITALIA IN SOSTEGNO AI TURCHI

A dire il vero la nave “San Giorgio” è arrivata a Tripoli in gran segreto. Ne hanno riportato alcuni quotidiani italiani in questi giorni grazie ad una soffiata. La nave avrebbe consegnato ai “Libici” una centrale mobile per il coordinamento del soccorso marittimo (MCCR, Maritime Rescue Coordination Centre).

La notizia riportata sulle pagine nazionali racconta che la centrale è stata finanziata dall’Unione europea all’interno di un accordo gestito dal ministero dell’Interno italiano, che si occuperà pure dell’assistenza al personale libico. Costo: intorno ai 15 milioni di euro.

Ma da che parte sta l’Italia? Lo scorso 30 novembre il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio ha discusso di Libia e Afghanistan con il suo omologo turco, Mevlut Cavusoglu, nella capitale della Lettonia, Riga, come riferito dall’agenzia di stampa Anadolu.

Già, c’è una strategia da approntare.

Perché nonostante l’attuale premier Abdul Hamid Dabaiba sia stato ammesso alla competizione elettorale nonostante non abbia lasciato la carica e anzi stia facendo campagna elettorale con i soldi pubblici libici e da una posizione di assoluto privilegio, i primi sondaggi in Libia hanno certificato il netto vantaggio che il figlio del colonnello Gheddafi vanta nei confronti di tutti gli altri rivali.

La Turchia, che attualmente occupa la Tripolitania attraverso il diretto controllo di 5 siti militari e una schiacciante influenza nelle stanze di potere, non ha nessuna intenzione di smobilitare per vedere Saif insediarsi a Tripoli da presidente della Libia.

Non è una questione politica. E’ una questione militare.

E’ ciò che già successe nelle ultime elezioni del 2014, quando la milizia di Misurata, legata alla Fratellanza Musulmana, impedì militarmente al parlamento democraticamente eletto di insediarsi a Tripoli. Come a dire che la questione in Libia è militare, non politica. Le elezioni servono, se va tutto bene, a certificare un potere militare esistente. Se il risultato che emerge non è quello sperato, tutto rimane come prima e si fa finta di niente.

SVILUPPO O SACCHEGGIO?

Fintanto che l’Italia rimane nell’alveo della politica estera della Nato in Libia, l’Eni può dormire sogni relativamente tranquilli: una fetta di torta spetta anche a noi. La scorsa settimana Alessandro Puliti, direttore generale delle “Risorse Naturali” dell’Eni, è intervenuto durante il “Libya Energy & Economic Summit 2021”, una sorta di mercato delle vacche in vista delle elezioni: “Negli ultimi anni, abbiamo destinato quote crescenti della produzione di gas, dall’esportazione al mercato interno, per soddisfare la domanda del mercato interno. Questo dimostra chiaramente la massima attenzione che abbiamo dedicato allo sviluppo economico e industriale della Libia. La strategia per il futuro può essere riassunta in una sola frase: accelerare gli investimenti in petrolio e gas. La Libia è una prospettiva molto significativa di petrolio e gas rimanente, ed Eni è pronta a sostenere questo sviluppo”.

Ma si chiama davvero sviluppo? O si chiama saccheggio?

Proprio lo scorso sabato un gruppo di esperti delle Nazioni Unite appartenenti al comitato di controllo delle sanzioni, è intervenuto durante un processo che si sta celebrando a Malta e all’interno del quale si sta indagando sul coinvolgimento di società maltesi nel contrabbando di risorse libiche. Secondo quanto depositato in questa udienza, i legami tra guardia costiera libica, mafia maltese e mafia siciliana sarebbero così stretti da poter rappresentare un cartello internazionale di fornitura di petrolio libico illegale, trafugato dalle milizie.

In realtà la storia è ben nota da tempo. Da quando nel 2018 Mustafa Sanalla, direttore generale del NOC (National Oil Corporation) libico, denunciò la sistematica scomparsa del 40% del petrolio libico sottratto dalle milizie allo Stato ogni anno. In contemporanea l’inchiesta “Dirty Oil” della Procura di Catania aveva in quegli stessi mesi smascherato una prima rete di personaggi legati alla mafia siciliana che collaboravano per l’importazione del petrolio libico saccheggiato.

Al momento, altri dati certi non ce ne sono. Ma tutto lascia pensare che un saccheggio così sistematico e imponente non possa essere soltanto il frutto dell’attività di singoli delinquenti.

LA TRIPOLITANIA IN MOBILITAZIONE

Che aria tiri dalle parti di Tripoli e dintorni, ossia in quel 1/3 di Libia in mano ai Turchi e alle milizie, si può dedurre dall’infornata di nomine conferite dal premier Dabaiba in queste ultime settimane, tutte a favore di famiglie legate alle più potenti milizie della capitale.

Le quali non si sono fatte pregare. La milizia Al-Nawasi è stata premiata con la nomina di Essid Kaddour a capo delle Afriqiyah Airways. Il fratello di questi, Mustafa Kaddour, capo della milizia, ha immediatamente pensato di rendere il palazzo del Ministero della Cultura suo nuovo quartier generale e così ha fatto, occupandolo militarmente alcuni giorni fa.

Martedì 7 dicembre invece le milizie fedeli al chierico di Al Qaeda Gharyani e i terroristi della “Shura di Benghazi” hanno attaccato il quartier generale dell’Alta Commissione Elettorale a Tripoli.

Mentre il potere militare a Tripoli si prepara sistemando i peggiori criminali ai posti di comando, gli Stati Uniti dal canto loro giocano le proprie carte. Lo scorso lunedì infatti Stephanie Williams è stata nominata consigliere speciale delle Nazioni Unite in Libia. Vale la pena ricordare che la stessa Williams è stata l’artefice del Forum di dialogo libico che ha portato agli accordi tra le parti che hanno rese possibili elezioni. Accordi non rispettati però, dal momento che il premier Dabaiba sta correndo a dispetto della sua promessa di non correre alle presidenziali. Tant’è vero che in questi giorni Ahmed al-Sharkasi, un membro del Forum che si tenne in Tunisia tra il 2020 e il 2021, ha affermato che la candidatura di Dabaiba “è il funerale della Libia”. Ecco quindi che la Williams è tornata in corsa per finire il lavoro, dopo aver ingannato tutto il popolo libico.

Il blogger Hamza Treki è stato rapito a Misurata da miliziani fedeli a Dabaiba. Solo pochi giorni fa aveva rivelato sulla sua pagina la storia della tangente del genero di Dabaiba al capo della Corte d’Appello per un valore di 100.000 dollari (vedi foto), al fine di riammettere alla corsa presidenziale l’attuale premier Dabaiba precedentemente escluso, in ossequio alla legge elettorale.

Dalla comunità internazionale, tanto meno da Amnesty International, nessuno appello alla sua liberazione.

Infine l’ambasciatrice britannica in Libia Caroline Horndall e un esperto militare britannico hanno visitato in questi giorni Sirte e le sale operative di Jufra a Misurata e hanno tenuto colloqui con il comandante Ibrahim Bayt al Maal, uno dei più acerrimi nemici dell’Esercito Nazionale Libico comandato fino allo scorso settembre da Khalifa Haftar, il quale si è dimesso dalla carica militare per poter correre alle elezioni del prossimo 24 dicembre. Certamente un momento molto delicato per una visita lungo la linea di fronte più calda che demarca la separazione tra la Libia delle milizie e dei Turchi da quella sotto il controllo del’Esercito Nazionale Libico, insomma il confine tra la Libia sotto controllo della Nato e la Libia indipendente.

PARLANO I LIBICI: 65% A FAVORE DI SAIF GHEDDAFI

Abbiamo posto alcune domande ad un nostro contatto in Libia che risiede in Tripolitania per capire come i Libici stiano vivendo questa vigilia incandescente. Abbiamo sottoposto lui inizialmente un recente sondaggio che di fronte alla scelta tra Saif Gheddafi e Abul Hamid Dabaiba, l’84% dei Libici avrebbe scelto il primo e il 16% il secondo.

 

Ciao caro, come stai? Cosa ne pensi di questo sondaggio?

Ciao, sto bene. Come stai? È realistico, Saif Al Gheddafi è il preferito del popolo. I Libici nutrono vero amore per lui. Questo risultato è leggermente esagerato, ma è il favorito per vincere. Se vedi i 3 candidati più popolari: Saif primo, Dabaiba secondo, Haftar terzo.

La maggior parte delle persone che conosco personalmente, ovvero centinaia di persone nell’ovest della Libia, voteranno per lui. Anche io lo farò.

Quindi ti sta bene questo risultato. Su quali basi?

C’era un sondaggio su un famoso giornale libico online: Saif ha ottenuto circa il 65%, 35% la somma degli altri candidati. A meno che queste elezioni non siano fraudolente o truccate, lui vincerà.

Voglio dire, cosa spinge te e il 65% dei libici a preferire Saif, a questo punto?

È semplice, ai tempi di suo padre avevamo tutto. Poi ci sono stati 10 anni di corruzione, guerre, morte, divisione. Non è un gioco da ragazzi. Lui è il simbolo di una vita che la gente una volta godeva.

Pensi che la Turchia e le milizie gli permetteranno di essere presidente a Tripoli?

No, questo è il dilemma. Sai che Dabaiba è un uomo della Turchia, un uomo delle milizie.

Sì, quindi ci si aspetta la guerra?

Non lo so, forse ci saranno delle alleanze. Guerra, ne dubito. Anche se vince (Saif Gheddafi), gli altri saranno inclusi in un modo o nell’altro. O forse il paese si dividerà e ci sarà una guerra civile.

Difficile da immaginare, credo.

Sì. Dipende da quanto gli Americani possono controllare i cani sciolti. In questo momento sono sotto controllo.

Sì, ce n’è uno che è più arrabbiato degli altri: Erdogan. Anche in Tunisia sta perdendo colpi.

Erdogan getterà tutti i trucchi dietro Dabaiba. Ora è lui il loro uomo. Sanno che se perde è l’ultima speranza.

Pensi che ci sarà un controllo militare delle urne in Tripolitania?

Ci sarà. E mi aspetto alcuni problemi. Ma niente di serio. Alla fine non possono controllare per chi voti o impedirti di votare.

 

Sì, ma possono cambiare i risultati delle schede.

È di questo che ho paura. Questo spetta all’ONU, all’UE e agli americani per essere sicuri che sia trasparente. E annullare qualsiasi voto sospetto. Ci saranno degli osservatori internazionali.

(Mi hai citato) esattamente quelli che vogliono dirottare le elezioni.

Se vince qualcuno che non sia Saif o Haftar è una frode. Credimi, il resto sono solo nomi su schede elettorali.

Certo.

La gente vuole un paese sicuro, basta traditori. Gli unici due che sono per il vero patriottismo sono Saif e Haftar. Il popolo lo sa.

Quindi ti sembra che la gente sia pronta a lasciarsi alle spalle questi ultimi 10 anni.

Penso di sì, non sarà facile ma è un grande passo, fuori da un decennio che nessuno vuole ricordare.

Cosa ne pensi delle accuse di crimini umani su Saif e Haftar che girano qui in Europa?

La buon vecchia Corte Internazionale alimenta queste voci con video prodotti dalla Fratellanza musulmana. Tattiche per spaventare i passeri. L’hanno fatto a Gheddafi. Niente di nuovo. Conquistare e dividere. È la politica. Violazioni dei diritti umani ecc. Non vedono il quadro generale o la sofferenza dei libici. Si preoccupano solo dei benefici regionali personali.

Giusto. Abbiamo un grosso problema di fonti e informazioni corrette qui in Europa. Tutto quello che riguarda i paesi arabi è per lo più mediato dai Fratelli Musulmani.

Al Jazeera è il canale più falso e i giornalisti sono alimentati dal denaro.

Anche i giornalisti europei. È una catena, i Fratelli Musulmani producono fake news e qui altri sono pronti a farne la Verità.

La magia del denaro e l’agenda da favorire. Essi distorcono la verità. È una rete enorme e organizzata. Hanno persone influenti ovunque. Guarda, questo è un sondaggio più accurato, si può vedere: Saif Gheddafi primo, Haftar secondo, Dabaiba terzo.

Tratto da: L’Antidiplomatico

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